Il “mio” enoturismo

Lavoro nel mondo del vino da 25 anni esatti: ho iniziato nel 1995, giovanissima. La mia esperienza è stata ed è tuttora trasversale: nei primi anni ero una segretaria, mi occupavo della reception. Ma in quegli anni si faceva un po’ di tutto: non era settoriale come al giorno d’oggi. Per me era normale affiancare il direttore commerciale o il titolare in una degustazione con clienti stranieri, magari aiutandoli sia dal punto di vista linguistico (parlavo molto bene due lingue straniere) che organizzativo. 

Posso dire di aver iniziato ad occuparmi di enoturismo ancora prima che esistesse: le cantine aprivano raramente le porte (il Movimento Turismo Vino stava nascendo e mettendo le primissime basi) e negli anni ’90 ricordo che nelle cantine, in generale, non si capiva perché ci fossero delle persone interessate a visitare gli spazi di produzione e degustare il vino in loco. Era considerata una perdita di tempo: per me che li seguivo, e che secondo l’azienda avrei potuto occupare quel tempo in attività di ufficio più redditizie, e per loro perché “che conoscenza vuoi che abbiano del vino o del nostro territorio? “, non capiranno mai i nostri valori, e soprattutto, non sono venuti ad acquistare vino ma “solo” a vedere la cantina.

Erano anni in cui quei pochi, rarissimi clienti, che magari già conoscevano il vino perchè presente sui loro mercati (solitamente erano stranieri) iniziavano ad arrivare in azienda per conoscere da vicino le realtà produttive. Sono passati 25 anni dalle mie prime impacciate visite in azienda.

Non ne faccio una colpa, anzi. Il modo di lavorare era completamente diverso, ma inconsapevolmente si iniziava piano piano a mettere le basi per quello che oggi è finalmente riconosciuto come “Enoturismo”. 

Oggi, ad un anno esatto dall’approvazione del Decreto Attuativo del 12 marzo 2019, è necessario capire che vendere l’enoturismo significa essere preparati per farlo: non basta un cartello per i turisti di passaggio, non basta avere una stanza dedicata alla degustazione e alla vendita del vino, non basta improvvisarsi in degustazioni fantasiose o esperienze difficili da organizzare. 

La formazione è fondamentale per comunicare il messaggio del vino: le conoscenze diventano trasversali, non sono solo linee rette che dalla produzione vanno alla vendita, ma devono comprendere anche attività e conoscenze complementari che solo attraverso una preparazione adeguata possono essere sviluppate. Non si tratta più di vendere il vino perchè è buono. Non si tratta più di accogliere il visitatore perchè la mia azienda è la prima sulla strada. 

Il visitatore, o meglio, l’enoturista è cambiato, si è evoluto, ha conoscenze profonde e spesso specifiche del vino e del territorio. 

E noi? … siamo pronti per questo cambiamento?