Customer Journey, Customer Experience, TouchPoints… and the Wine

Customer Journey, Customer Experience, TouchPoints… and the Wine.
Pur essendo essenziali per chi fa Marketing, questi anglicismi si possono benissimo descrivere anche in italiano: il viaggio del consumatore, l’esperienza del consumatore, i punti di contatto con il consumatore sono validi strumenti di Marketing per il nostro mondo, quello dell’esperienza del/nel vino.

Però il recente modello del processo di scelta del consumatore e il rapporto tra cliente e azienda ormai non è più attendibile (e non per colpa del virus).

Il consumatore, che preferisco chiamare appassionato, non è più passivo e possiede una pluralità di strumenti di conoscenza e apprendimento che lo ha trasformato in un vero e proprio conoscitore del vino, spesso addirittura esperto (e a volte più esperto degli addetti all’accoglienza che incontra nelle sue esperienze sul campo).

Le aziende vitivinicole, le cantine, si trovano oggi ad un continuo giudizio davanti all’appassionato: un giudizio che può essere positivo, ma anche negativo e chi ben conosce il mondo delle PR sa meglio di me che una recensione negativa viaggia ad una velocità superiore di quella positiva. Io stessa, quando navigo in internet e nei social, leggo prima una recensione con una stella anziché quella a 5.. è un processo psicologico forse provinciale e pettegolo, ma la curiosità è più forte dell’informazione stessa in questo caso. E gli strumenti dove il nostro appassionato può interagire sono davvero molti: siti internet, blog, app, social vari, profili influencer più o meno attendibili, video, mini-video, recensioni, opinioni.. 

Tutti questi multi-canali accentrati sul consumatore-appassionato finale devono essere utilizzati partendo da una profonda conoscenza dei propri target, ma probabilmente si deve andare oltre questo concetto. Si dovrebbe, anzi si deve, immedesimarsi di più nell’appassionato potenziale cliente/visitatore, creando non tanto una super-iper-segmentazione e profilazione, quanto una scelta guidata dalle emozioni, dal perchè, dall’empatia.

Eccola, finalmente è arrivata, una delle mie parole preferite: EMPATIA.
EN (dentro) + PATIA (Secondo elemento di composti in cui indica soggezione a sentimenti e passioni)

La prima domanda che ciascuno di noi deve chiedersi è: a me piacerebbe assaggiare questo vino? A me piacerebbe fare questa degustazione? Perchè questa esperienza dovrebbe attirare la mia attenzione più delle altre ? Perché dovrei scegliere questa azienda anziché la sua vicina o sceglierle entrambe? Perchè, io che preferisco il vino rosso secco, dovrei lasciarmi guidare a degustarne uno dolce?

Sì, certo possiamo targhetizzare e segmentare il nostro pubblico: il wine lover, il wine-interested, il wine-curious, il wine tourist, il disinterested wine tourist (prendo spunto da un interessantissimo intervento di Emma Taveri di Destination Makers). E creare delle soluzioni di visita in cantina adatte ad ognuno di loro..

Diventa quasi un percorso ad ostacoli, quasi un percorso a livelli dove il super esperto può ambire alla super degustazione, invece il turista per caso, che passa senza conoscere né arte né parte, viene accompagnato in una classica visita con tre vini in degustazione (un po’ in stile “Napa Valley” dove l’enoturismo è un servizio ma quasi un’industria): il tutto pilotato dal costo finale della degustazione, che, a seconda del profilo, è differente.

La mia ovviamente vuole essere una provocazione: io stessa non vorrei vedermi proposto un percorso che possa sminuire la mia esperienza. E perciò ritorniamo daccapo.

In un momento come questo che stiamo vivendo, drammatico, storico, molto democratico (nel senso che il virus non ha né target né profilazione), ricominciare daccapo è una grande opportunità e poter davvero scrivere su una nuova pagina bianca diventa una fortissima ispirazione: dimentichiamoci per un attimo del target, della profilazione, dei livelli di costo per proposta. Troppo facile a dirsi, molto più complicato a farsi.

Proviamo a pensare a come ci poniamo verso l’appassionato ed iniziamo a riflettere considerando lui, il VINO, il suo racconto, come lo viviamo come produttori, come ristoratori, come comunicatori, come esperti, come appassionati. Il vino è un prodotto della terra, è poesia, è un racconto, è una storia, è un’esperienza.. noi, persone, lo dobbiamo raccontare.

Il sito ben fatto, l’app aggiornatissima, lo shop online, sono punti di contatto formidabili (i famigerati touch points), ma quando l’emergenza sarà finita, noi vogliamo respirare l’aria nei vigneti, goderci il tramonto dalla collina, assaporare il calice con i nostri cari, essere accompagnati dal produttore o da chi vive la cantina tutti i giorni, conoscere aneddoti e racconti anche di questi momenti così tristi e ahimè indimenticabili, esplorare la loro esperienza per farla diventare nostra. 

Ritorniamo daccapo: ritorniamo al vino e alle persone.